Contratti: arbitrato ad hoc o istituzionale?

 

Come affermato nell’articolo della scorsa settimana, nel caso in cui sorga una situazione di conflitto tra le parti in merito a qualsiasi aspetto del contratto e il ricorso ai giudici divenga necessario, si deve sottolineare che la scelta degli organi giurisdizionali statali non sempre risulta conveniente da un lato per i tempi che l’amministrazione della giustizia, specie italiana, comporta, dall’altro perché spesso la risoluzione di tali controversie richiede un grado di specializzazione che solo pochi esperti possiedono. Di qui nasce il frequente inserimento, all’interno dei contratti internazionali, di una clausola che affida la risoluzione della controversia ad un collegio di arbitri già nominato o da nominarsi. Ciò è dovuto sicuramente ai vantaggi che una scelta di tal genere offre ai contraenti nel caso in cui essi pervengano ad una situazione conflittuale.

VANTAGGI DELL’ARBITRATO – La procedura arbitrale richiede tempi di svolgimento brevi, di certo non paragonabili alla durata di un processo ordinario italiano, in quanto essa si articola secondo uno schema semplice e flessibile, privo di eccessivi formalismi.

ARBITRATO AD HOC O ARBITRATO ISTITUZIONALE – Il primo punto da stabilire qualora le parti scelgano di rimettere la risoluzione della controversia ad un collegio arbitrale è quello di decidere se prevedere un arbitrato ad hoc oppure un arbitrato istituzionale o amministrato. Nel primo caso l’intera regolamentazione dell’arbitrato è contenuta nel contratto, dalla nomina degli arbitri alla scelta della disciplina del procedimento arbitrale, nel secondo invece le parti scelgono un organismo internazionale (o italiano) specializzato nella organizzazione e gestione dell’arbitrato e si affidano al regolamento da questo predisposto. Nel caso non ci si affidi ad un organismo di tal tipo, è bene sapere che la procedura da seguire è quella propria del Paese in cui l’arbitrato si svolge: in Italia la disciplina dell’arbitrato internazionale, contenuta nel codice di procedura civile agli articoli 832-838, è stata di recente modificata, adeguandola alle esigenze proprie di relazioni economiche moderne. Per quanto concerne la legge applicabile le norme italiane attribuiscono alle parti libertà di scelta, nonché la possibilità di disporre che gli arbitri decidano secondo equità. In assenza di scelta espressa gli arbitri devono applicare la legge con la quale il rapporto è più strettamente collegato.

MATERIE NON ARBITRABILI – Il ricorso all’arbitrato non sempre è concesso, poiché esistono materie che non possono essere sottratte alla giurisdizione ordinaria. Volendo esaminare le disciplina italiana attinente all’arbitrato interno, troviamo che in proposito essa individua, all’art. 806 c.p.c, solo alcune materie oggetto di esclusione. In particolare l’articolo enuncia espressamente le materie riguardanti i rapporti di lavoro subordinato ed equiparati (art.409 c.p.c.), le questioni di stato e di separazione tra coniugi. Negli altri casi prevede un tacito rinvio ad una norma del nostro codice civile, l’art.1966 2 comma, che sottrae alla disponibilità delle parti una serie di diritti, definiti appunto indisponibili.Va registrata una tendenziale propensione dei giudici nazionali a restringere il campo delle materie non arbitrabili, che possono ricondursi sostanzialmente a due grandi categorie: materie che implicano la tutela di interessi di ordine pubblico da un lato e materie che mirano a proteggere la parte più debole dall’altro. Tra le prime, di notevole rilevanza, è la normativa in materia di concorrenza, nonostante debba registrarsi la recente tendenza ad affidare la risoluzione di tali controversie anche ai collegi arbitrali. Un orientamento determinato dal fatto che, sottraendo  all'arbitrabilità tutta la normativa sulla concorrenza, si rischierebbe di sottrarre alla competenza arbitrale ogni controversia in materia commerciale ove dovessero essere prospettate presunte violazioni della normativa antitrust, ipotesi piuttosto frequente in tale ambito. Altre materie che spesso le legislazioni nazionali riservano ai propri giudici sono quelle riguardanti la validità di brevetti, marchi, come quelle concernenti il trasferimento di tecnologia. Appartengono invece alla seconda grande categoria di materie non arbitrabili, quelle regolate da normative che tutelano il contraente più debole. Classico esempio è dato dalle controversie aventi ad oggetto una rapporto di lavoro subordinato: la legislazione italiana, come abbiamo visto, ma anche quella francese e belga escludono espressamente la possibilità che su tali questioni possa pronunciarsi un collegio arbitrale. In questo ambito si inseriscono anche le controversie che hanno ad oggetto contratti di concessione di vendita ( esempi sono dati dalla normativa portoricana e belga).

ALTRE SOLUZIONI – Il ricorso all’arbitrato secondo lo schema classico previsto dalla maggior parte degli organismi internazionali ed interni comporta un esborso monetario di notevole entità, pertanto si rende sconsigliabile l’adozione di tale procedura in caso di controversie di modesto valore. Per le cause di modesto valore alcune Camere di Commercio internazionali(fra queste quelle di Parigi e Milano), ma anche italiane, hanno istituito procedure abbreviate che prevedono la nomina di un solo arbitro, un tempo limitato per le udienze, il procedimento più snello, maggiormente adatto alla risoluzione di controversie non eccessivamente complesse. Oltre all’arbitrato e alla giurisdizione ordinaria, si riscontra frequentemente nella prassi contrattuale, specie americana e inglese – ma anche in Italia la pratica si sta diffondendo con la istituzioni delle Camere arbitrali e della mediazione –  il ricorso ad un sistema alternativo per la risoluzione delle controversie, quali la mediation e la conciliazione (in generale definite “ADR”: alternative dispute resolution), intese come procedure per mezzo delle quali si mira a conseguire il progressivo avvicinamento delle posizioni delle parti fino ad arrivare alla stesura di un accordo che sia ragionevolmente accettabile per le parti.

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