Bilancio consolidato e partecipazioni estere

Per sopperire alla carenza legislativa e per disciplinare il diffondersi del fenomeno dei “gruppi di società”, il D.Lgs 17 gennaio 2003 n.6 “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative” ha introdotto nel codice civile una serie di norme che individuano “l’attività di direzione e coordinamento della società”.Anche dopo l’entrata in vigore della citata riforma societaria, quindi, il legislatore non fornisce una definizione giuridica di “gruppo di società”, ma individua, all’art.2359 del codice civile, le situazioni che determinano il “controllo”. Secondo l’art.2359 C.C. sono considerate società controllate:le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (controllo diretto); le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nella assemblea ordinaria(controllo di fatto); le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (controllo contrattuale).La dottrina definisce il gruppo come “una pluralità di soggetti che mantengono piena autonomia sul piano giuridico, ma che sono sottoposti a una direzione ambientale unitaria, volta a conseguire l’interesse economico dei soggetti stessi”. La società controllante, quando ne ricorrano i presupposti, ha l’obbligo di redigere il bilancio consolidato di gruppo, la cui disciplina generale è stata introdotta in Italia con il D.Lgs n.127 del 9 aprile 1991 che ha recepito la VII Direttiva della Comunità Europea (Direttiva 83/349 del 13 giugno 1983).Il D.Lgs 127/91 (artt.25 e 26) dispone che sono obbligati alla redazione del bilancio consolidato: le società di capitali che controllano altre imprese (indipendentemente dalla forma giuridica di quest’ultima); gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale (art.2201 C.C.), le società cooperative e le mutue  assicuratrici che controllano società di capitali. A tal fine, sono considerate imprese controllate: le imprese indicate nei numeri 1) e 2) del primo comma dell’art.2359 del C.C. (rispettivamente, “controllo di diritto” e “controllo di fatto”); le imprese su cui un’altra ha il diritto di esercitare un’influenza dominante, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria; le imprese in cui un’altra controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto, in base ad accordi con altri soci. La finalità del bilancio consolidato è quella di esporre i dati di bilancio di un insieme di società in un unico documento, mediante l’aggregazione degli elementi dell’attivo e del passivo, dei proventi e degli oneri delle imprese incluse nel consolidamento, dopo le opportune eliminazioni di poste, operate ai sensi di legge (patrimonio di terzi, eliminazione partecipazioni, poste intersocietarie, etc). Pertanto, il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori della società controllante sulla scorta dei dati di bilancio della capogruppo e di quelle società controllate incluse nell’area di consolidamento. Sorvolando sul contenuto e sugli obiettivi del consolidato, perché identici al classico bilancio di esercizio, occorre evidenziare che nel D.Lgs 127/99 (art.27) sono previsti casi di esonero dall’obbligo di redazione del bilancio consolidato, tra i quali si segnala quello riguardante i gruppi “con ridotte dimensioni”. Sono obbligate alla redazione del bilancio consolidato, se ne ricorrono i limiti dimensionali, anche le società che detengono partecipazioni estere. Il bilancio consolidato deve essere redatto nella valuta dell’impresa capogruppo; pertanto, in caso di detenzione di partecipazioni estere, quindi in presenza di controllate estere che gravitino al di fuori dell’ambito euro, risulta necessaria la “conversione” delle poste delle società controllate  nella valuta estera del Paese della controllante.Il D.Lgs n.127/91, infatti, non prevede ipotesi specifiche di esclusione dal consolidato per le imprese estere. Queste dovranno o potranno essere escluse, al pari di un’impresa nazionale, solo nei casi previsti all’art.28 del suddetto decreto, ossia quando l’attività dell’impresa estera abbia caratteri tali che la loro inclusione renderebbe il bilancio consolidato inidoneo a realizzare lo scopo della rappresentanza chiara, veritiera e corretta della situazione finanziaria ed economica del gruppo. Il tema della “traduzione” dei bilanci in valuta estera, non presente né dalla Direttiva CEE, né dal D.Lgs 127/91, è affrontato nei Principi contabili nazionali (PCDCR n.17) ed internazionali (Ias 21), secondo i quali i due principali metodi per la traduzione dei bilanci espressi in valuta estera sono il metodo del cambio corrente ed il metodo temporale. La scelta del metodo di traduzione deve essere effettuata in base all’autonomia o meno dell’attività della partecipata rispetto all’attività della partecipante.Il metodo del cambio corrente è consigliato nel caso di attività autonome; il metodo temporale è consigliato nel caso di un’attività integrativa svolta dalla partecipata rispetto all’attività della controllante.Con il metodo del cambio corrente la conversione di tutte le poste dello stato patrimoniale sono effettuate al tasso di cambio vigente alla data del consolidamento; le poste economiche e del patrimonio netto sono convertite al cambio in essere alla data dell’operazione, ovvero al cambio medio  del periodo.Con il metodo temporale, le poste dello stato patrimoniale sono convertite al tasso di cambio vigente alla data di chiusura del bilancio; le poste del conto economico sono convertite al cambio medio del periodo in cui sono formate.

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