L’indicazione di origine anche nella Ue

 

Dopo l’esame del regolamento CE n. 509/2006 relativo alle specialità tradizionali garantite (STG) dei prodotti agricoli e alimentari e del regolamento CE n. 510/2006 concernente la protezione delle denominazioni IGT e DOP, continuiamo ad occuparci della tutela dei consumatori attuata a livello comunitario attraverso l’indicazione d’origine dei prodotti nonché della tutela del mercato attuata attraverso il rispetto delle regole della concorrenza, esaminando in questa sede una proposta di regolamento avanzata dal Consiglio Europeo relativo all’indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti importati da Paesi terzi. Sulla proposta di regolamento trasmessa alla Commissione si stanno esprimendo tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, essa infatti istituirebbe un sistema di marchio di origine obbligatorio applicabile esclusivamente alle merci importate: esso comporterebbe in altri termini la obbligatorietà dell’indicazione “Made in../ Fabbricato in…” su tutti i prodotti introdotti nel mercato comunitario. In virtù degli accordi tra la Comunità europea e la Bulgaria, la Romania, la Turchia e le Parti contraenti dell’accordo SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), saranno esclusi i prodotti originari di detti paesi dal campo di applicazione del presente regolamento.

LA SITUAZIONE ATTUALE – Attualmente la Comunità europea non dispone di alcuna normativa sull’impiego di un marchio di origine (“Made in”/“Fabbricato in”) per i prodotti industriali. Tale situazione pone la Comunità europea in condizioni di svantaggio rispetto ai suoi partner commerciali, i quali impongono l’obbligo di un marchio di origine sulle importazioni. I principali partner commerciali dell’Unione Europea, ovvero  Canada, Cina, Giappone e Stati Uniti, hanno già reso obbligatoria l'apposizione di un marchio di origine sulle merci importate: gli esportatori della Comunità europea devono rispettare tale obbligo e sono tenuti ad apporre il marchio sui loro prodotti. La mancanza di norme simili per i prodotti importati nell’Unione Europea impedisce ai produttori comunitari di beni di consumo per i quali l’origine costituisce un criterio rilevante di usufruire dei vantaggi associati alla fabbricazione all’interno della Comunità europea, oltre a rappresentare un’occasione mancata per una lotta più efficace alle indicazioni di origine false o ingannevoli. La Comunità europea, come detto nelle premesse del citato regolamento, perde quindi un'occasione di potenziare l’informazione ai consumatori sull’origine di determinati prodotti, il che può risultare utile per l’effettiva applicazione della summenzionata direttiva. Il progetto di regolamento presentato dal Consiglio ha come obiettivo quello di rimediare a tali carenze. In realtà in materia è stata di recente adottata una direttiva, la 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, che è relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. In base a tale direttiva, ci si può trovare in presenza di una pratica commerciale sleale allorché informazioni false o ingannevoli circa l'origine geografica inducano il consumatore ad acquistare un prodotto che non avrebbe altrimenti acquistato. La direttiva non rende tuttavia obbligatorio fornire informazioni sull'origine geografica delle merci, né tanto meno definisce il concetto di “origine”. Si presta comunque ad essere un valido strumento per il consumatore, in quanto sempre più di frequente viene attribuito un valore commerciale alle informazioni sull’origine geografica di un prodotto. Con la disciplina del regolamento proposto si avrebbe l’elaborazione di una definizione comune di origine ai fini dell’apposizione del marchio, l’istituzione di norme in materia di marchio di origine e di norme comuni in materia di controlli, sarebbero fissate quindi condizioni di parità, si agevolerebbe la scelta dei consumatori nei settori interessati e si contribuirebbe a ridurre il numero di indicazioni di origine ingannevoli.

LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO – Il regolamento in esame dovrebbe applicarsi ai prodotti industriali importati, fatta eccezione per i prodotti della pesca e dell’acquicoltura e per i prodotti alimentari o derrate alimentari (per cui trovano applicazione appositi regolamenti comunitari), e sono specificatamente indicati nel regolamento (ne indichiamo alcuni, ma in maniera non esaustiva: prodotti in cuoio, tacchi, suole, oggetti di selleria, borse, indumenti da abbigliamento, materie tessili, calzature, prodotti ceramici, oggetti di vetro, mobili, insegne luminose, costruzioni prefabbricate etc.). Pertanto l’importazione o l’immissione di merci sul mercato sarà subordinata all’apposizione del marchio di origine: le merci riporteranno il marchio con l’indicazione del loro paese di origine, nel caso cui le merci siano confezionate, il marchio sarà apposto separatamente sull’imballaggio (e questo avverrà nel caso in cui le merci pervengono di norma al consumatore o all’utilizzatore finale confezionate nel loro imballaggio usuale). Il marchio può essere redatto e apposto in una qualsiasi delle lingue ufficiali delle Comunità europee, in modo tale da risultare facilmente comprensibile per i clienti finali dello Stato membro in cui le merci devono essere commercializzate. Il marchio di origine dovrà essere apposto in caratteri chiari, leggibili e indelebili, in modo che sia visibile in condizioni normali di manipolazione, e deve risultare nettamente distinto da altre informazioni. Le violazioni del regolamento comporteranno sanzioni che saranno stabilite dai singoli Stati; la disciplina sanzionatoria verrà notificata alla Commissione entro nove mesi dalla entrata in vigore del regolamento, così come ogni successiva modifica. Inoltre qualora le merci non dovessero risultare conformi alle disposizioni del presente regolamento, gli Stati membri adotteranno le misure necessarie per imporre al proprietario delle merci in questione o a qualsiasi altra persona responsabile delle medesime, l’apposizione a proprie spese del marchio sulle merci in conformità con il regolamento (verrebbero quindi sin d’ora escluse forme punitive come sequestro e distruzione).

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