Produzione, la delocalizzazione guarda ad est

La decisione di decentrare all’estero una parte, o tutto il processo produttivo,  è infatti  ai primi posti nelle agende di tanti imprenditori medio – piccoli del Sud Est d’Italia. Il fenomeno, già eclatante per le aziende del Nord-Est, che ha visto la creazione di un distretto di centinaia di imprese nell’area di Timisoara in Romania,  inizia a divenire comune anche per le imprese pugliesi e lucane che si collocano lungo la filiera produttiva del “distretto del salotto”, compresa tra Altamura, Santeramo e Matera

IL CICLO PRODUTTIVO DEL “MOBILE IMBOTTITO”- L’ESTERNALIZZAZIONE DI ALCUNI PROCESSI PRODUTTIVI – La lavorazione dei divani vede una ripartizione del processo produttivo in molteplici parti: il design e lo studio del modello di salotto; la produzione dei fusti in legno (intelaiature); la produzione dell’imbottito (cuscini);  la produzione delle spugne (per la seduta);  il taglio e cucito della pelle (o altro tessuto di rivestimento); l’assemblaggio e l’imballo. Seguendo un percorso che si ripete costantemente nell’ambito dell’industria manifatturiera, con il passare del tempo i processi produttivi ad alto contenuto di manodopera vengono spostati all’esterno delle imprese.A tale logica non sfugge il distretto del salotto, dove la realizzazione dei fusti e dell’imbottito, e spesso anche il taglio e cucito delle pelli vengono esternalizzati a favore di imprese specializzate.più piccole.Rimangono all’interno dell’impresa le funzioni legate alle strategie commerciali, l’amministrazione, le vendite, gli acquisti e soprattutto il design e la scelta dei nuovi modelli. Pian piano però le   efficienze produttive  indotte  dall’esternalizzazione iniziano a non bastare per reggere l’urto della concorrenza, specie asiatica, e le economie nelle produzioni vengono cercate delocalizzando all’estero.

IL DECENTRAMENTO ALL’ESTERO DI TUTTA LA FILIERA PRODUTTIVA – Questo fenomeno di decentramento delle grandi imprese del settore rischia di spiazzare tutto quell’indotto di subfornitori specializzati, che ben presto si troveranno costretti a seguire i percorsi dei loro grandi committenti, seguendoli all’estero per replicare il modello già attuato nel “Distretto”.A tal riguardo si registrano già le prime esperienze positive di decentramento produttivo nei paesi Balcanici (soprattutto Albania e Bulgaria, oltre che Romania) di aziende sub-fornitrici del distretto, che tra l’altro stanno determinando  rapidi processi imitativi da parte dei concorrenti.   E’ facile prevedere, quindi, che nel corso dei prossimi tre anni moltissime aziende sub-fornitrici del distretto, specializzate in produzioni a basso valore aggiunto ed alta intensità di manodopera, programmino di emigrare verso Est. E ciò potrebbe determinare forti tensioni sociali per un probabile aumento della disoccupazione.

LE RAGIONI DEL FENOMENO –LO SCENARIO COMPETITIVO GLOBALE – Sin dagli anni ’50 e ’60 la produzione di manufatti dei settori tessile-abbigliamento-calzature è emigrata dalle Nazioni di più antica industrializzazione (Gran Bretagna, Francia, Germania) verso i Paesi in Via di Sviluppo. Ciò in relazione ai normali processi di divisione del lavoro tra le Nazioni. Tale fenomeno non è avvenuto in Italia che si è invece concentrata e specializzata proprio nel settore tessile-abbigliamento-calzature. Successivamente, la concorrenza dei paesi a più basso costo della manodopera ha reso difficile mantenere tale standard, e la delocalizzazione è sembrata l’unica via di uscita.

I VANTAGGI DELLA DELOCALIZZAZIONE – IL COSTO DEL LAVORO – Ma perché le nostre aziende ora guardano con interesse  i Paesi dell’Est ? Fattori come la prossimità geografica e culturale, la discreta scolarizzazione, il livello salariale molto contenuto, i tassi di cambio con l’euro favorevoli, stanno determinando il riaffacciarsi dei paesi dell’Est come nostri grandi interlocutori, mutando profondamente la geografia della produzione italiana. Per quanto riguarda il costo del lavoro facendo un’analisi comparativa scopriamo sorprendentemente che il costo orario del lavoro di un dipendente romeno è il  5% di quello italiano. Ovviamente va anche considerata la produttività. La produzione oraria di un operaio romeno è circa il 28% di quella di un italiano. (dati tratti dal “I vicini sono tornati” di Gianfranco Viesti). Con una bruttissima – sul piano sociale –  equazione, potremmo quindi dire che a  parità di costo, un romeno rende cinque volte di più.

GLI SVANTAGGI – Al di là degli scompensi sociali portati dalla disoccupazione generata dal  decentramento, in un territorio come il nostro già angosciato da questo problema,  dobbiamo constatare che il decentramento determina forti tensioni organizzative .Infatti, si tratta di piccole aziende dove il ruolo del titolare è ancora determinante e la sua assenza può rendere molto fragile l’equilibrio aziendale. Per di più, nel distretto pugliese del salotto, il decentramento sta avvenendo solo per un fenomeno imitativo delle scelte della concorrenza,  in mercati altamente competitivi sul fattore prezzo. Se il Sud-Est di Italia continuerà a fabbricare salotti in pelle, tradizionali, nel giro di pochi anni sarà comunque soggetto alla concorrenza spietata di nuovi “players” globali come la Cina o l’India. Agire sul fattore prezzo è, perciò, una mossa perdente nel medio periodo. Una reazione più sistematica ed efficace sarebbe quella, già intrapresa dalle  aziende del settore più grandi,  di agire sui fattori “non di prezzo” ma sul marketing, sul design, sulla qualità, sulla rete di vendita. Sarebbe, quindi  necessario costituire dei Consorzi di Filiera con i quali imporre sui mercati internazionali un marchio riconosciuto di provenienza e con il quale interagire da posizioni di forza con i buyer delle grandi catene di distribuzione Europee ed Americane. In sostanza la parola d’ordine è: l’unione fa la forza. Andare oltre l’individualistico egoismo e la gretta soddisfazione di superare “il vicino di capannone” in una corsa verso il baratro, per realizzare invece uno sviluppo duraturo del Sud Italia.

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