Accise: Disciplina degli abbuoni per perdite e distruzione dei prodotti in regime di sospensione in “Il Fisco” n. 30/2010

Accise:la direttiva UE n. 118/2008 modifica la disciplina in materia di abbuoni per perdite o distruzione dei prodotti in regime di sospensione.

Annabella Cazzolla e Gaetano Chianura (*)

(*) Avvocati in Bari – Studio Associato Chianura – Consulenza Legale, Tributaria ed Internazionale

La normativa sugli abbuoni è stata oggetto di interventi nel 1995, nel 2000 e ora nel 2010 a seguito dell’emanazione del D. Lgs. n. 48 del 29 marzo 2010 – Per l’ipotesi del furto, ratione temporis, sarà applicabile la diversa disciplina vigente al momento in cui i fatti sono stati commessi – Dubbi di costituzionalità per il Decreto di recepimento della Direttiva UE 118 del 2018

1. Premessa

Mentre l’obbligazione tributaria relativa ai prodotti sottoposti ad accisa sorge nel momento della loro fabbricazione latu sensu intesa (o della loro importazione), l’imposta medesima diviene esigibile all’atto della immissione in consumo dei prodotti medesimi. Trattasi infatti di una imposta gravante sul consumo di determinati prodotti.

2. Il regime sospensivo e gli abbuoni

Viene applicato il c.d. regime sospensivo nel corso della fabbricazione, trasformazione, detenzione e circolazione dei prodotti soggetti ad accisa che si protrae fino al momento dell’esigibilità’ dell’imposta medesima (o fino al verificarsi di una causa estintiva del debito d’imposta). Nella vigenza del regime di sospensione dei diritti di accisa i prodotti devono essere fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti in un deposito fiscale alle condizioni stabilite dall’Amministrazione Finanziaria, che autorizza peraltro il soggetto titolare del suddetto deposito (definito depositario autorizzato appunto) alla gestione dello stesso, previo versamento di cauzione (tranne che in alcuni casi ). L’obbligo del versamento in capo al depositario fiscale decorre da quando vi è immissione in consumo del prodotto in regime di sospensione d’imposta.
Ma oltre ai casi di immissione regolare del prodotto vi sono casi in cui esso, pur non avendo ricevuto detta sorte, viene comunque considerato immesso in consumo; – l’art. 2, comma 2 del TUA ne indica specificatamente i casi .
Nel medesimo articolo 2, al terzo comma che costituirebbe norma di chiusura, viene specificato che “L’accisa e’ esigibile anche quando viene accertato che non si sono verificate le condizioni di consumo previste per poter beneficiare di un’aliquota ridotta o di una esenzione”. Ed infatti in alcune ipotesi il soggetto passivo può essere dispensato dal pagamento dell’imposta: tale disciplina è contenuta nell’art. 4 del TUA “Abbuoni per perdite, distruzioni e cali”, disciplina sottoposta, come vedremo, a diversi interventi.
Una volta inquadrato schematicamente il regime impositivo, l’analisi verterà sulla configurabilità della concessione dell’abbuono dell’accisa in caso di furto di prodotto in regime di sospensione alla luce:
– 1. del Testo Unico Accise adottato nel 1995 che, sulla base della Direttiva del 1992 che ha dotato di un corpus organico la materia, non intervenendo sul regime degli abbuoni.
– 2. della Novella legislativa intervenuta nel 2000 (art. 59 legge 342/2000 – Legge Finanziaria 2001) che ampliava le ipotesi di concessione degli abbuoni;
– 3. del D. Lgs. n. 48 del 29 marzo 2010 entrato in vigore il 1 aprile 2010 che, in virtù degli obblighi comunitari, recepisce la direttiva UE n. 118 del 2008.
In considerazione dei tre citati interventi legislativi, emergono diverse questioni alle quali si tenterà di fornire una adeguata soluzione:
a)individuare la disciplina che ratione temporis deve essere applicata alle singole fattispecie;
b)comprendere se nella vigenza della disciplina emanata nel 2000, nella nozione di perdita potesse essere ricompreso anche il furto (sottrazione);
c)comprendere altresì se il furto, quale atto doloso compiuto da terzi, possa annoverarsi tra gli eventi di forza maggiore, anche alla luce della interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia.
Dunque, sulla scorta delle soluzioni adottate ai punti che precedono, analizzare la portata della Novella del 2000 in materia di abbuoni, anche sulla base della voluntas legis.

3. Interventi legislativi nazionali

Gli interventi legislativi che hanno interessato la disciplina in parola sono stati diversi a far data dalla loro istituzione e ne hanno allargato le maglie applicative fino a ricomprendervi nel 2000 la perdita e la distruzione della merce per fatto doloso compiuto da terzi, che viene dunque espressamente equiparato alla forza maggiore. Ma procediamo con ordine.
Anno 1995 – Il Testo Unico delle Accise viene approvato nel 1995 con la legge n. 504, nel cui corpo, all’art. 4 punto 1) (ove si recepiva l’art 5 D.L. n. 331/1993 e l’art. 37 D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, Testo unico delle leggi doganali – Abbuoni per perdite e cali), viene disciplinato il regime degli abbuoni con una disposizione del seguente tenore “In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.
Anno 2000 – A cinque anni dalla entrata in vigore della predetta norma, e precisamente con la Legge Finanziaria 2001 , interviene il Legislatore con una modifica che amplia in maniera significativa le ipotesi in cui concedere l’abbuono, motivata dalla esigenza di dispensare dal pagamento dell’imposta i soggetti passivi vittime di atti dolosi compiuti da terzi a titolo di dolo che determinano la perdita o la distruzione del prodotto, la cui azione dunque viene equiparata alla forza maggiore (sempre che venga accertato giudizialmente il non coinvolgimento del soggetto passivo). La disposizione che ne scaturisce è la seguente: “I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore. Qualora, a seguito del verificarsi di reati ad opera di terzi, si instauri procedimento penale, la procedura di riscossione dei diritti di accisa resta sospesa sino a che non sia intervenuto decreto di archiviazione o sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale. Ove non risulti il coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo e siano individuati gli effettivi responsabili, o i medesimi siano ignoti, è concesso l’abbuono dell’imposta a favore del soggetto passivo e si procede all’eventuale recupero nei confronti dell’effettivo responsabile. In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse”.
Anno 2010 – Con il recepimento da parte del nostro Paese della direttiva UE n. 118/2008 attraverso il D. Lgs. n. 48 del 29 marzo 2010, vengono definiti in maniera chiara i casi in cui può disporsi l’abbuono dell’accisa (art. 7, comma 4 della direttiva ): perdita irrimediabile o distruzione totale del prodotto che si trova in regime sospensivo avvenuto per caso fortuito o causa di forza maggiore. In sostanza il nuovo testo dell’art. 4 del TUA che disciplina il regime degli abbuoni consente l’applicazione dell’agevolazione se ricorrono le seguenti condizioni:
1. Vi sia stata perdita irrimediabile o distruzione totale del prodotto
2. Tali eventi siano avvenuti per caso fortuito o per causa di forza maggiore
3. Il contribuente provi in una maniera ritenuta soddisfacente per l’Amministrazione Finanziaria che la perdita o la distruzione con le caratteristiche di cui al punto 1 (di cui viene fornita nel medesimo articolo interpretazione autentica ) sono avvenute per le cause di cui al punto 2.
Se questo è il nuovo punto di arrivo, può essere utile per comprenderne la portata e l’impatto nel nostro ordinamento l’excursus che ha interessato la materia degli abbuoni in materia di accise alla luce delle pronunce giurisprudenziali che hanno caratterizzato l’applicazione della prefata disciplina.

4. Pronunce giurisprudenziali e lavori parlamentari

A seguito della approvazione della norma in parola si sono avvicendate diverse pronunce sia di merito che di legittimità che hanno fornito soluzioni interpretative contrastanti, che andiamo brevemente ad analizzare, ma senza pretesa di esaustività.
Con pronuncia del 2002 il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna fornisce una lucida interpretazione della Novella del 2000, relativamente all’art. 4 comma 1, affermando che la “nuova formulazione, dunque, comporta l’inclusione del furto o della rapina fra le situazioni legittimanti l’abbuono dell’imposta; la sospensione della procedura di riscossione dei diritti di accisa sino alla emissione del decreto di archiviazione o di sentenza irrevocabile di condanna ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale; un rafforzamento della tutela del soggetto passivo dell’imposta escludendo che l’assoggettamento possa avvenire per fatti ai quali il soggetto passivo risulti estraneo”. In sostanza il TAR Emilia Romagna individua la ratio delle “novellazioni che sono tutte finalizzate ad eliminare le previgenti ipotesi di responsabilita’ tributaria ispirate a criteri di mera obiettivita’, come tali difficilmente compatibili con i principi nella materia positiva”.
All’accoglimento del ricorso presentato dalla società contribuente giunge anche la Commissione Tributaria di Bari nel 2005 , ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione in parola come novellata, ossia furto del prodotto sottoposto ad accisa e accertamento del mancato coinvolgimento del soggetto passivo a mezzo pronuncia dell’autorità giudiziaria (nel caso di specie con decreto penale di archiviazione, in quanto non emergevano elementi utili per l’individuazione dei responsabili, di fatto escludendo il coinvolgimento della società contribuente).
Nel 2007 la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12428, disconosce l’abbuono in caso di furto o rapina in quanto ritiene che detti eventi, qualificabili come sottrazione del prodotto e non come dispersione, determinano in ogni caso l’immissione in consumo del prodotto sottoposto ad accisa, che costituisce il presupposto dell’imposta de qua. L’esegesi dell’art. 4 comma 1 fornita dalla Cassazione si basa sulla interpretazione autentica della norma in questione (nella formulazione ante Novella) fornita dall’art. 22 ter del D.L. 693/1980 convertito nella legge n. 891/80, che in effetti si applicava al caso sottoposto alla Suprema Corte avvenuto in epoca anteriore alla approvazione della Novella. Ma, prosegue la Cassazione, che trattandosi di norma agevolativa (concessione di abbuono) deve riconoscersi sempre la portata restrittiva, e dunque anche a seguito della Novella vale l’interpretazione autentica.
Preme a tal proposito rammentare che la Novella ha modificato in maniera sostanziale il testo dell’articolo in esame, introducendo come esimenti ed equiparandoli al caso fortuito e alla forza maggiore gli atti dolosi compiuti da terzi in assenza di coinvolgimento del soggetto passivo, dunque ricomprendendo anche il furto (inteso dunque come sottrazione) che nella formulazione previgente era del tutto assente. La Corte di Cassazione ha altresì modo di sottolineare che la Novella ha ampliato la norma sotto il profilo soggettivo e non oggettivo (in altri termini l’ipotesi sarebbe questa: se a seguito di furto, in assenza di coinvolgimento del depositario fiscale, viene disperso il prodotto allora vi è abbuono, altrimenti no, ma sorge spontanea la domanda: possibile che il legislatore abbia voluto disciplinare con la modifica questo “caso limite”?).
In realtà l’esegesi della norma come novellata non può prescindere, a nostro avviso, dalla volontà del legislatore, il quale quando nel 2000 ha modificato l’art. 4 del TUA lo ha fatto con il preciso intento di evitare la tassazione in capo al contribuente vittima di reati compiuti da terzi con riferimento al prodotto da questi ultimi sottratto.

La “Novella del 2000” (art. 59 della Legge 342/2000) – I lavori parlamentari

A tal proposito infatti, può essere utile, al fine di comprendere le origini dell’intervento novativo , la disamina dei lavori parlamentari che hanno condotto all’approvazione della norma di cui si discute (art. 59 della legge 342/2000 (Misure in materia fiscale – Collegato tributario alla Manovra finanziaria 2001 che ha modificato la disposizione di cui si discute – l’art. 4 del D.Lgs 504/1995) – ed in particolare le parole del Relatore, On. Ferdinando Targetti, che ha avuto il compito di illustrare alla Camera dei Deputati il disegno di legge (A.C. n. 7184) già approvato al Senato, fornisce un vademecum per l’interpretazione: il prefato Deputato, a proposito dell’articolo in questione, testualmente afferma “Con l’articolo 59 si sospende la riscossione dei diritti di accisa sugli alcoli nei confronti di un produttore che ha subito il furto degli alcoli medesimi. La Commissione ha chiarito che l’abbuono di imposta è concesso anche se i ladri restano ignoti” . Dunque la diposizione prevede in prima battuta la sospensione della riscossione in presenza di un fatto illecito, quale è il furto, sino a che non sia intervenuto un provvedimento dell’autorità giudiziaria (e segnatamente sentenza irrevocabile o decreto di archiviazione) ed, in seconda battuta, prevede l’abbuono dell’imposta anche laddove restino ignoti gli autori del fatto criminoso (“ladri”), in altri termini anche quando il procedimento penale intrapreso si chiuda con un decreto di archiviazione per i reati contestati. Anche dalla discussione parlamentare che seguiva alla relazione illustrativa del disegno di legge supra esaminato ed in particolare quella riguardante l’art. 59 della L.342/2000, emerge come fosse chiaro anche ai deputati di opposizione e firmatari di emendamenti al medesimo articolo, che la fattispecie del furto fosse chiaramente disciplinata dall’articolo in esame (resoconto stenografico seduta n. 778 del 27.9.2000).
In particolare, l’On. Carlo Pace dapprima propone un emendamento all’articolo 59, comma 1 (soppressione delle parole “e siano individuati gli effettivi responsabili”) per mezzo del quale “evitare la penalizzazione dei soggetti vittime di fatti compiuti da terzi a loro danno, fatti che causano loro una beffa oltre al danno del pagamento della accise”, ma subito dopo, rendendosi conto che la modifica apportata dalla Commissione competente ha previsto l’abbuono dell’accisa nel caso in cui non risulti il coinvolgimento nel fatto da parte del soggetto passivo (in luogo dell’estraneità al fatto prima prevista), ritiene assorbito l’emendamento, avendo la modifica in parola sortito il medesimo effetto ricercato con l’emendamento proposto, ossia non gravare le imprese che hanno subito un furto ad opera di terzi del pagamento dell’accisa sul quantitativo sottratto.

La Corte di Cassazione interviene nuovamente con una sentenza del 23 luglio 2009 (n. 17195) muovendosi sempre sul solco delle posizioni della Cassazione del 2007 (ampliamento dei profili soggettivi della norma e non oggettivi) – la cui compatibilità con l’intenzione del Legislatore della Novella appare , alla luce di quanto detto innanzi, quantomeno discutibile – ed aggiunge un altro tassello alla interpretazione della norma novellata: viene riconosciuta importanza fondamentale all’accertamento della assenza di coinvolgimento del soggetto contribuente al fatto compiuto da terzi a titolo di dolo, che deve avvenire con provvedimento dell’autorità giudiziaria (non basta una semplice denunzia di furto). Ma entrambe le pronunce della Corte di Cassazione nell’interpretare la Novella anziché ricercare l’intentio legis tradottasi poi in una formulazione con essa coerente dell’articolo in questione, prescindono dall’analisi della volontà del legislatore, consentendo ad una norma interpretativa dell’abrogato art. 4 del TUA (art. 22 ter D.L. 693/1980) di spiegare efficacia anche relativamente al nuovo testo.

5. L’interpretazione della Corte di Giustizia – Il furto come “forza maggiore”.

Altro aspetto da considerare ed analizzare è il concetto di forza maggiore, elemento che legittima l’abbuono dell’imposta ai sensi delle norme comunitarie ed interne, e lo facciamo esaminando una sentenza resa dalla Corte di Giustizia nel 2006 (caso C-314/06). Sono due le questioni pregiudiziali che vengono sottoposte agli Eurogiudici dai giudici francesi e emergono in relazione ad un caso di perdita di prodotto sottoposto ad accisa per danneggiamento di un oleodotto a causa di corrosione screpolante (la prima questione verte sulla definizione di forza maggiore ai sensi dell’art. 14 n., 1 prima frase, l’altra sulla nozione di perdite inerenti alla natura dei prodotti ai sensi dell’art. 14, n. 1, seconda frase). Fondamentale per il caso che ci occupa è l’analisi della definizione di forza maggiore legittimante l’abbuono dell’imposta ai sensi dell’art. 14 della direttiva CE 92/12 (contenuta nella prima questione pregiudiziale); mentre la seconda questione, peraltro trattata in maniera residuale dagli Euro giudici, non riguarda l’analisi che stiamo conducendo. Gli Eurogiudici, non entrando nel merito del caso concreto, non intervengono per stabilire se l’evento prospettato integri o meno una ipotesi di forza maggiore e quindi non escludono nè ammettono l’applicazione dell’abbuono, ma rimettono ai giudici nazionali, quale loro incombenza, la verifica circa la sussistenza di un evento di forza maggiore all’origine della perdita del prodotto occorsa e la conseguente applicazione dell’art. 14, n.1 prima frase. A tal proposito forniscono una definizione articolata della forza maggiore: essa si compone di due elementi, uno oggettivo e l’altro soggettivo: il primo rappresentato dal verificarsi di “circostanze anomali ed estranee”, il secondo costituito “dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando le misure appropriate, senza incorrere in sacrifici eccessivi” (punto 24 della sentenza). Come diretta conseguenza di quanto innanzi, la Corte afferma che un depositario autorizzato può pretendere di beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione (art. 14, n. 1 prima frase) se dimostra “l’esistenza di circostanze a lui estranee, anormali ed imprevedibili, e le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado le adozione di tutte le precauzioni del caso”. I Giudici comunitari inoltre hanno aggiunto che “l’applicazione dei requisiti di cui all’art. 14. n. 1 prima frase, della direttiva, non deve condurre a imporre una responsabilità assoluta del depositario autorizzato per le perdite dei prodotti che si trovano in regime di sospensione”: le circostanze che legittimano l’abbuono non devono essere soltanto estranee in senso materiale o fisico al depositario, ma “devono sfuggire al suo ambito di controllo o situarsi al di fuori dell’ambito della sua responsabilità” (punti 32-33 della sentenza della Corte di Giustizia). Dunque non sembra che l’ipotesi del furto si possa porre al di fuori della definizione di forza maggiore come fornita dalla Corte di Giustizia sotto la vigenza della direttiva n. 92/12/CE, il cui art. 14 n.1 prima frase trova applicazione per le fattispecie occorse sino al 31.3.2010 (dal 1° aprile 2010 la direttiva 92/12/CE non trova più applicazione, in quanto espressamente abrogata dalla nuova direttiva n. 118/2008 – vedi infra).
In altri termini deve escludersi nella ratio della disciplina della direttiva del 1992 l’esistenza di una responsabilità oggettiva del depositario fiscale, che determini in capo a quest’ultimo, a prescindere cioè dall’accertamento delle modalità in cui si sono verificate le circostanze in fatto, l’esigibilità dell’imposta de qua.

Per completezza, ritornando a livello nazionale, evidenziamo che anche la nostra Corte Suprema nel 2001, statuendo in un caso di esenzione dell’imposta in presenza di furto di merci, ha affermato che “il furto costituisce un evidente ragione di forza maggiore” .

6. La disciplina ratione temporis applicabile ai furti commessi in epoche in cui erano vigenti le diverse discipline – Applicazione del principio tempus regit actum

La disciplina che ratione temporis deve essere applicata alle singole fattispecie sembra delineata: sembrano essersi configurati infatti tre spazi temporali, ai quali corrispondono trattamenti distinti delle fattispecie in essi ricadenti.
a) Il primo sino al 1995 nel quale il furto non era ricompreso tra le ipotesi di abbuono (nella formulazione dell’articolo 4 l’equiparazione alla forza maggiore e al caso fortuito si aveva per i fatti compiuti dal soggetto passivo o dal terzo a titolo di colpa non grave);
b) il secondo dal 2000 al 31.3.2010 nel quale in virtù della novella legislativa vengono ricompresi anche i fatti compiuti da terzi a titolo di dolo (furto);
c) il terzo periodo che corre dal 1 aprile 2010 con il recepimento della direttiva n. 118/2008, che fornisce una nozione “armonizzata” di perdita irrimediabile e distruzione totale del prodotto sottoposto ad accisa.

Nell’individuare detti argini temporali che delimitano l’operatività delle norme in esame, vengono in soccorso i principi generali che fanno della irretroattività delle norme un cardine dell’ordinamento (come sancito dall’art. 11 delle c.d. preleggi e codificato dall’art. 3 dello Statuto dei diritti del Contribuente ) e dunque, a meno che la norma non lo preveda espressamente, la legge non può disporre che per l’avvenire: gli eventi occorsi nel periodo ante Novella del 2000 ricadono sotto l’egida del Testo Unico Accise nella sua originaria formulazione, dunque venivano assimilati alla forza maggiore e al caso fortuito i fatti compiuti dal soggetto passivo o da terzi a titolo di colpa non grave, mentre a seguito della emanazione della Novella del 2000 l’assimilazione veniva estesa anche ai fatti compiuti da terzi a titolo di dolo o colpa grave, sempre che giudizialmente venisse escluso il coinvolgimento del soggetto passivo.
La disciplina è rimasta tale sino al recepimento della direttiva 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 avvenuta con decreto legislativo n. 48 del 29 marzo 2010, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 marzo 2010 ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, ossia il 1° aprile 2010. Infatti, la direttiva 92/12/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992 è stata espressamente abrogata a decorrere dal 1° aprile 2010 dalla direttiva 2008/118/CE (cfr art. 47 di quest’ultima), dunque, anche se in limine, il nostro Paese, ha modificato la disciplina in materia di accise. Per quanto attiene la materia degli abbuoni, la modifica è sostanziale in quanto l’agevolazione è concessa in caso di perdita irrimediabile o distruzione totale dei prodotti che si trovano in regime di sospensione, quando il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o forza maggiore. Al fine di chiarire la portata di “perdita irrimediabile o distruzione totale” vi è un comma interpretativo (art. 4 del TUA, comma 5), il quale stabilisce che ricorrono i due eventi quando il prodotto risulta inutilizzabile come prodotto sottoposto ad accisa. Vengono dunque soppressi, come dice espressamente la relazione governativa illustrativa del decreto , “il secondo, terzo quarto e quinto periodo del previgente comma 1 dell’art. 4, relativi all’equiparazione dei furti al caso fortuito ed alla forza maggiore”.

Da ciò discende che, a partire dal 1° aprile 2010 il depositario fiscale al quale vengano sottratti a seguito di fatto doloso compiuto da terzi (furto) prodotti sottoposti ad accisa, è ugualmente sottoposto al pagamento di quest’ultima. Per quanto attiene il passato, nella relazione di cui innanzi viene evidenziato che “le nuove disposizioni di cui all’art. 4, non possono comunque riguardare le procedure amministrative e tributarie inerenti ai casi di furto di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo che si siano verificati precedentemente all’entrata in vigore del decreto legislativo in illustrazione”.
Nessun dubbio sembra dunque esservi sulla legittimità della pretesa del depositario fiscale di fruire dell’agevolazione (abbuono dell’accisa) ove questi abbia subito il furto del prodotto dall’entrata in vigore della Finanziaria 2001 fino al 31 marzo 2010 e non risulti da provvedimento dell’autorità giudiziaria il proprio coinvolgimento nel fatto doloso compiuto da terzi.

7. L’incostituzionalità della normativa sugli abbuoni del 2010

Da ultimo non possiamo non evidenziare come la modalità di recepimento della direttiva da parte del nostro legislatore, nel non disciplinare la nozione di perdita – compito invece espressamente rimesso ai singoli Stati dalla direttiva (art. 7, comma 5 ) – ha determinato quantomeno una lacuna nell’impianto che si è venuto a creare, specie in considerazione degli accresciuti poteri dell’Amministrazione Finanziaria chiamata a valutare (non si comprende in base a quali criteri oggettivi) che le prove della distruzione totale o della perdita irrimediabile fornite dal soggetto passivo siano soddisfacenti. Con ciò sicuramente determinando per il futuro un annoso contenzioso, che potrà determinare rilevanti costi a carico dell’amministrazione.
In realtà in mancanza delle norme e condizioni per la definizione delle perdite a cui fa riferimento l’articolo della direttiva in questione, il soggetto passivo viene privato anche della possibilità di conoscere ex ante a quali criteri si ispirerà l’operato e la valutazione della PA che deve essere informata al principio costituzionale della imparzialità, per non ledere la posizione dei soggetti passivi che non solo hanno diritto a vedere trattate in maniera identica situazioni uguali tra loro, ma ad esercitare il proprio diritto alla difesa, costituzionalmente garantito, conoscendo le norme in base alle quali si formerà il convincimento della amministrazione finanziaria che può divenire “controparte” in un eventuale procedimento giudiziario.
“In applicazione dell’art. 97 della Costituzione, la pubblica amministrazione, e quindi anche quella finanziaria, deve riservare il medesimo trattamento ai soggetti che si trovano in analoghe situazioni onde essa, dovendo perseguire l’interesse pubblico generale, deve contemperare, nello svolgimento della propria attività, gli interessi pubblici con quelli privati. In questo senso la imparzialità è strettamente legata all’eguaglianza (art. 3 Cost.) e alla giustizia che impone il perseguimento del bene comune nella sua accezione più ampia. ”

 

 

 

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