Le direttrici di sviluppo economico dell’impresa

Nell’articolo precedente avevamo individuato le esigenze a monte dei processi di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, sinteticamente riconducibili a obiettivi di ottimizzazione dei costi (attraverso delocalizzazioni delle produzioni per ridurre le spese del fattore lavoro e quelle di approvvigionamento delle materie prime) nonché di sviluppo della domanda  (orientata a consumatori di diversi paesi o a consumatori nazionali già proiettati su realtà internazionali).Analizzando adesso il percorso delle imprese verso l’internazionalizzazione, vediamo che esso si sviluppa attraverso una vasta gamma di soluzioni ed in modo graduale. In questo senso la piena internazionalizzazione può dirsi il risultato di un processo che vede l’impresa svilupparsi  attraverso diverse direttrici, e che potremmo così rappresentare:Nella strategia di internazionalizzazione l’imprenditore potrà scegliere una soltanto di queste dimensioni, oppure potrà optare per il contestuale sviluppo di diverse soluzioni e con diverse intensità. A seconda delle diverse direttrici intraprese si identificano svariate forme di internazionalizzazione, quali quelle: 

  • Dei mercati di sbocco;
  • Dei mercati di approvvigionamento;
  • Dei mercati dei capitali;
  • Della produzione
  • Dei prestatori di lavoro;
  • Dei partners aziendali:

 I MERCATI DI SBOCCO –  E’ la formula più diffusa nell’ambito delle piccole e medie imprese italiane, tipicamente internazionalizzate solo dal punto di vista delle vendite. L’impresa che intende realizzare un percorso di espansione di tal genere  può optare per una forma di coinvolgimento massimo, operando attraverso la vendita diretta con propri agenti all’estero o con apposite filiali, o viceversa minimo, affidandosi ad intermediari (importatori, distributori, agenti indipendenti)  che si fanno carico della definizione delle caratteristiche dell’offerta aziendale e si accollano gran parte degli oneri relativi alle vendite. La scelta di un’opzione rispetto all’altra, come vedremo più ampiamente nelle prossime pubblicazioni,  dipende sostanzialmente dal livello di controllo del mercato estero che l’impresa italiana intende o è in grado di attuare. 

MERCATI DI APPROVVIGIONAMENTO – Il processo di internazionalizzazione dell’impresa, in questo caso, segue un differente percorso. L’impresa si affaccia su diversi mercati acquistando prodotti peculiari direttamente dai fornitori stranieri e collocandoli sul mercato domestico, il tutto senza dover predisporre particolari strutture operative all’interno dell’azienda. L’unica premura   è quella di verificare la compatibilità dei prodotti esteri con i gusti del mercato nazionale, cautelandosi con una adeguata impalcatura contrattuale dalle insidie normative che contraddistinguono le legislazioni straniere. 

DEI MERCATI DEI CAPITALI – L’impresa può internazionalizzarsi anche con il ricorso al mercato dei capitali esteri, sia operando con una entità straniera ( banca o società finanziaria) per la raccolta di capitale di prestito, sia favorendo la partecipazione temporanea di un investitore estero (fondi comuni, società di capital venture ) all’attività d’impresa. In questa seconda ipotesi il soggetto estero finanzia progetti di investimento dell’impresa italiana sottoscrivendo gli aumenti di capitale appositamente deliberati ed impegnandosi a retrocedere le partecipazioni ad un dato prezzo alla scadenza del periodo di finanziamento concordato. Questo tipo di internazionalizzazione non comporta alcuno svolgimento di attività all’estero, anche se la presenza del soggetto estero nell’ambito societario implica una serie di cambiamenti e adeguamenti dell’attività organizzativa dell’impresa.

DELLA PRODUZIONE – Questo fenomeno, che interessa sempre più le imprese di medie dimensioni, consiste essenzialmente nella costituzione di proprie unità produttive in Paesi esteri o, in alternativa, nel decentramento della produzione presso aziende straniere. Tale forma di internazionalizzazione conduce l’impresa a delocalizzare l’attività di trasformazione in Paesi caratterizzati, ad esempio, dal basso costo della manodopera o dalla più facile ed economica reperibilità della materia prima(es. lavorazione delle pelli in Argentina, semilavorati del settore tessile in Turchia e Sud – Est asiatico, etc). Sicuramente comporta un pesante coinvolgimento all’estero dell’imprenditore, che deve rapportarsi con le difficoltà di comprensione di una dimensione economica, sociale e politica a lui sconosciuta,  difficoltà acuite dalle distanze geografiche, dalle differenze normative e  dalla gravosa incombenza di garantire gli stessi standard produttivi richiesti dal mercato nazionale.Tale formula tuttavia, specie se accompagnata da incentivi garantiti dallo stato estero di investimento, sicuramente porta risultati lusinghieri sotto il profilo del risparmio dei costi di produzione e contribuisce a determinare un’evoluzione in senso internazionale della mission aziendale. DEI PRESTATORI DI LAVORO – Nell’ultimo decennio in Italia si è assistito al sempre crescente fenomeno della internazionalizzazione del personale: le imprese, pur operando in ambito nazionale, assumono dipendenti e collaboratori stranieri in misura rilevante. Ciò è dovuto a due ordini di fattori, il primo dovuto all’incremento dell’immigrazione in Italia da parte di persone provenienti da Paesi in via di sviluppo, il secondo è rappresentato dalla estrema difficoltà di reperire manodopera locale in alcuni settori produttivi. In questo ambito i problemi a cui l’impresa va incontro sono riconducibili alle differenze di natura culturale, all’accettazione del personale straniero da parte di quello locale, nonché all’esistenza di bisogni e aspettative disomogenee. 

DEI PARTNERS AZIENDALI – Spesso l’internazionalizzazione nasce dall’opportunità di sfruttare i vantaggi collegati alla collaborazione  con un soggetto estero, vantaggi che  vanno dalla possibilità di allargare la sfera di attività dell’impresa  in altri ambiti geografici a quella  di ridurre, ripartendoli con un partner, i costi che l’impresa che intende operare su mercati diversi da quello nazionale dovrebbe in ogni caso sopportare. Si pensi alla partecipazione agli appalti pubblici di lavori all’estero e all’utilissimo feedback che si riceve dal partner estero associato sui meccanismi  del  mercato di riferimento, alle joint venture di produzione, ai contratti di franchising internazionali e ai trasferimenti di tecnologia. Le difficoltà connesse a tale formula ovviamente riguardano il processo decisionale, che in questo caso investe molteplici soggetti ed è inevitabilmente oggetto di una continua contrattazione. Il coinvolgimento dell’imprenditore dipende dal livello di controllo del mercato estero che vuole o è in grado di sostenere

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