Il caso Parmesan e la Corte di Giustizia europea

 

Con sentenza del 28 febbraio 2008 la Corte di Giustizia si è espressa sulle forme di tutela da accordarsi ai prodotti DOP in base al regolamento comunitario n. 2081/1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari. A sollevare il caso è stata la Commissione Europea che ha chiesto alla Corte di dichiarare che la Germania, rifiutando formalmente di perseguire come illecito l’impiego nel suo territorio della denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non corrispondenti al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano», favorendo così l’usurpazione da parte di terzi della notorietà di cui gode il prodotto autentico, tutelato a livello comunitario, è venuta meno agli obblighi che le incombono in base al regolamento istitutivo del IGP e del DOP. Quindi la questio iuris della controversia attiene gli obblighi gravanti sullo stato membro di assicurare la adeguata tutela alle denominazioni DOP, ma la Corte ha avuto modo di esaminare anche la questione relativa alla confondibilità presso i consumatori del prodotto tedesco “parmesan” con il prodotto italiano d’eccellenza il “Parmigiano reggiano”, affermando che, pur non considerando che la denominazione «parmesan» sia o meno la traduzione esatta della DOP «Parmigiano Reggiano» o del termine «Parmigiano» “si deve tener conto della somiglianza concettuale tra tali due termini, pur di lingue diverse…… Tale somiglianza, come già le somiglianze fonetiche e ottiche… è idonea ad indurre il consumatore a prendere come immagine di riferimento il formaggio recante la DOP «Parmigiano Reggiano» quando si trova dinanzi ad un formaggio a pasta duro, grattugiato o da grattugiare, recante la denominazione «parmesan». In tale contesto, l’uso della denominazione «parmesan» dev’essere considerato un’evocazione della DOP «Parmigiano Reggiano» ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92. La genericità del termine Parmesan sostenuta dalla Germania non è stata in effetti provata, anzi sostiene la Corte che, dalla documentazione sottopostale, risulta che in Germania alcuni produttori di formaggio recante la denominazione «parmesan» commercializzano tale prodotto con etichette che richiamano tradizioni culturali e paesaggi italiani. È legittimo dedurne che i consumatori in tale Stato membro percepiscono il formaggio «parmesan» come un formaggio associato all’Italia anche se, in realtà, è stato prodotto in un altro Stato membro. Mancando quindi la prova della genericità l’utilizzazione del termine «parmesan» per formaggi che non sono conformi al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» deve essere considerata, nella fattispecie, lesiva della tutela riconosciuta dal regolamento n. 2081/92.  

DECISIONE – Per quanto attiene alla vera questione sollevata dalla Commissione relativa, come dicevamo innanzi, all’obbligo della Germania di perseguire d’ufficio le violazioni delle norme in materia di denominazioni protette, la Corte ha osservato che l’ordinamento giuridico tedesco dispone di strumenti giuridici che assicurano una tutela effettiva dei diritti che i singoli traggono dal regolamento n. 2081/92, consente la contestazione di ogni comportamento idoneo a ledere i diritti derivanti da una DOP non solo all’utilizzatore legittimo della stessa, ma anche ai concorrenti, alle associazioni di imprese e alle associazioni di consumatori, e pertanto garantisce anche la tutela degli interessi dei consumatori. Infine, fa rilevare la Corte che uno Stato membro non è tenuto ad adottare d'ufficio le misure atte a sanzionare nel proprio territorio le violazioni delle Dop provenienti da un altro Stato membro, ma le “autorità di controllo designate e/o gli organismi privati di uno Stato membro” di cui parla il regolamento sono quelli dello Stato membro di provenienza della DOP, nel nostro caso l’Italia.

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