Unione Europea: l’Irap è compatibile con l’Iva

La tanto attesa sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee che si sarebbe dovuta pronunciare sulla compatibilità dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) con l’IVA (l’imposta sul valore aggiunto) introdotta con la VI direttiva (n. 77/388/CEE), è finalmente stata pubblicata lo scorso 3 ottobre, ponendo fine all’annoso dibattito e al forte contenzioso che l’argomento aveva alimentato sin dalla apertura del relativo procedimento. LA STORIA – Nel procedimento incardinato, ai sensi dell’art. 164 del Trattato, dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (C-475/03), nel contenzioso promosso dalla Banca Popolare di Cremona contro l’Agenzia delle Entrate – Ufficio Cremona, veniva sostanzialmente sollevata da Giudice nazionale pregiudizialmente “la questione se un’imposta come l’IRAP – un’imposta regionale sulla produzione riscossa in Italia – sia compatibile con il divieto comunitario di imposte sulla cifra d’affari diverse dall’IVA”. Nelle conclusioni rassegnate in il 17 marzo 2005 dall’Avvocato generale Jacobs al punto 89, questi dichiarava che l’imposta in questione “deve essere qualificata come un’imposta sulla cifra d’affari vietata dall’art. 33, n. 1, della sesta direttiva”, in quanto “l’IRAP presenta le caratteristiche sostanziali dell’IVA ed è colpita dal divieto sancito all’art. 33 della sesta direttiva” (punto 70 delle conclusioni).Pertanto veniva espressa senza mezzi termini una bocciatura del sistema di prelievo operato dall’IRAP, imposta istituita, secondo l’Avvocato generale, in palese contrasto con l’IVA. In realtà, data la complessità della materia, secondo una prassi davvero rara, è stata riaperta dinanzi alla Corte la fase orale, e segnatamente in data 14.3.2006, l’Avvocato Generale Christine Stix-Hackl, condividendo le argomentazioni formulate e le conclusioni a cui era giunto l’Avvocato Generale Jacobs, nelle proprie conclusioni, ha affermato “che un’imposta corrispondente alla descrizione fatta dell’IRAP nell’ordinanza di rinvio possieda le quattro caratteristiche essenziali dell’IVA e ricada pertanto nel campo d’applicazione del divieto di altre imposte nazionali aventi il carattere di imposte sul giro d’affari, divieto previsto dall’art. 33, n. 1, della Sesta direttiva, purché, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate ad entrambe le imposte, il rapporto tra gli importi pagati a titolo d’IVA e gli importi pagati a titolo dell’imposta in questione risulti sostanzialmente costante”(punto 128 delle conclusioni dell’Avvocato generale Stix-Hackl). L’avvocato Stix-Hackl si spingeva ancora oltre le conclusioni formulate dall’avvocato Jacobs, facendo intravedere soluzioni pratiche per l’applicazione della emananda sentenza, tanto che affermava: “di solito, nella prassi sia di questa Corte sia dei giudici di un certo numero di Stati membri, si dispone un’eccezione ad una limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza a favore di azioni avviate prima di una certa data. Detta eccezione può coprire tutte le azioni promosse prima della data della sentenza che ha accertato l’incompatibilità (questa è stata la prassi abituale di questa Corte), oppure solo alcune di esse”. Venivano altresì indicate altre date alle quali si sarebbe potuto far riferimento per limitare l’efficacia della emananda sentenza nel tempo: il 21 gennaio 2004(data in cui l’ordinanza di rinvio pregiudiziale è apparsa sulla Gazzetta Ufficiale), oppure il 17 marzo 2005 (data in cui sono state presentate le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs – l’avvocato Generale Stix-Hackl propendeva per quest’ultima soluzione). LA SENTENZA – A sgomberare il campo da ogni disquisizione circa la compatibilità delle due imposte nonché in merito all’efficacia nel tempo degli effetti della sentenza, sono intervenuti appunto gli Eurogiudici che con pronuncia del 3 ottobre 2006 hanno statuito che “la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che l'art. 33 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche dell'imposta di cui si discute nella causa principale”, ossia l’IRAP. Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emergono quali siano le caratteristiche essenziali dell'IVA: l'IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti dall'imposta dovuta, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dell'imposta va a carico del consumatore finale. La Corte, nella sentenza, rileva innanzitutto che mentre l'IVA è riscossa in ciascuna fase al momento della commercializzazione e il suo importo è proporzionale al prezzo dei beni o servizi forniti, l'IRAP è invece un'imposta calcolata sul valore netto della produzione dell'impresa nel corso di un certo periodo; inoltre “mentre l'IVA, attraverso il sistema della detrazione dell'imposta previsto dagli artt. 17-20 della sesta direttiva, grava unicamente sul consumatore finale ed è perfettamente neutrale nei confronti dei soggetti passivi che intervengono nel processo di produzione e di distribuzione che precede la fase di imposizione finale, indipendentemente dal numero di operazioni avvenute… lo stesso non vale per quanto riguarda l'IRAP” che non è stata concepita per ripercuotersi sul consumatore finale nel modo tipico dell'IVA (punto 32). A tal proposito infatti un soggetto passivo non può determinare con precisione l'importo dell'IRAP già compreso nel prezzo di acquisto dei beni e dei servizi, ma anche se si potesse supporre che tale soggetto, nell’effettuare la vendita al consumatore finale tenga conto, nella determinazione del suo prezzo, dell'importo dell'imposta incorporato nelle sue spese generali, non tutti i soggetti passivi si trovano nella condizione di poter così ripercuotere il carico dell'imposta, o di poterlo ripercuotere nella sua interezza. Non potendosi quindi attribuire all’IRAP le caratteristiche proprie dell’IVA la sopravvivenza della prima imposta è salva.

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