Principio d’insolvenza nell’Ue e caso Parmalat

Società controllata di Parmalat in Irlanda: è competente a dichiarare lo stato di insolvenza il Giudice del luogo in cui la società ha fissato la propria sede legale (169)Riprendiamo nuovamente un tema già affrontato nelle colonne di questa rubrica per esaminare una recentissima pronuncia resa dalla Corte di Giustizia (sentenza del 2 maggio 2006) che si innesta sul percorso del famoso “caso Parmalat” in materia di procedure di insolvenza transfrontaliera istituite con regolamento (CE) n. 1346/2000 ed in particolare sull’interpretazione da fornire al alcune disposizioni del citato regolamento. Occorre premettere, per comprendere il caso e le disposizioni che interessano, una breve cenno al contenuto del regolamento, per ciò che in questa sede interessa.

IL REGOLAMENTO CE 1346/2000 – Con l’entrata in vigore, nel 2002, del regolamento comunitario n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza il legislatore comunitario ha voluto disciplinare i rapporti tra questi ultimi e le rispettive leggi nei casi in cui, nei confronti di una impresa – che non sia ente creditizio, impresa assicuratrice o organismo di investimento collettivo – situata nell’UE avente implicazioni commerciali (dipendenze) in altri Paesi Membri, venga aperta una procedura di insolvenza. Il legislatore comunitario non ha istituito una procedura di insolvenza valida per tutta la Comunità, a causa delle forti differenze tra le diverse legislazioni, ma ha previsto che accanto ad un procedura di insolvenza principale se ne possano aprire altre secondarie. In altri termini il regolamento consente di poter aprire, da un lato, la procedura principale d’insolvenza nel Paese Membro in cui è situato il centro degli interessi principali del debitore, che per le società e le persone giuridiche coincide – fino a prova contraria – con il luogo in cui si trova la sede statutaria e che per far sì che si applichi il regolamento – con conseguente riconoscimento automatico da parte degli altri Stati degli atti compiuti in ossequio alla legge dello stato di apertura – tale luogo deve ricadere nel territorio comunitario; e dall’altro una procedura secondaria d’insolvenza nello Stato membro in cui il debitore ha una c.d. dipendenza, ovvero qualsiasi luogo in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e beni. Il regolamento è intervenuto ad individuare i criteri per determinare la competenza dei giudici ad aprire procedure di insolvenza (fermo restando che la competenza territoriale interna rimane di esclusiva determinazione nazionale), ma, come vedremo esaminando il caso che coinvolge la società Parmalat, non sempre l’individuazione operata dai giudici nazionali coincide. IL CASO EUROFOOD IFSC Ltd – La società Eurofood, registrata in Irlanda nel 1997 come società in accomandita per azioni, ha la propria sede statutaria a Dublino. Si tratta di una società controllata detenuta al 100 % dalla Parmalat SpA. Nel 2003 il Ministro italiano delle Attività produttive ha ammesso la Parmalat SpA alla procedura di amministrazione straordinaria. La Bank of America NA, in data 27 gennaio 2004, ha chiesto alla High Court (Irlanda) l’apertura di una procedura di liquidazione coatta nei confronti della Eurofood, oltre che la nomina di un curatore provvisorio, affermando l’insolvenza di tale società. La High Court quindi nominava un curatore provvisorio. In data 9 febbraio 2004, il Ministro italiano delle Attività produttive ha ammesso l’Eurofood alla procedura di amministrazione straordinaria, pochi giorni dopo è stata depositata presso il Tribunale di Parma una domanda tendente a far dichiarare l’insolvenza della Eurofood: il giudice italiano, ritenendo che il centro degli interessi principali della Eurofood fosse in Italia, ha dichiarato la propria competenza internazionale per dichiarare lo stato di insolvenza di tale società. Ma a questo punto la High Court irlandese, essendosi la procedura di insolvenza aperta in Irlanda dove essa ha individuato il centro degli interessi principali della Eurofood, ha ritenuto che la procedura aperta in tale Stato membro fosse quella principale, rifiutando di riconoscere la decisione dei giudici italiani. Dopo che l’amministratore straordinario di Parmalat ha proposto appello dinanzi alla High Court, questa ha deciso di proporre alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del regolamento in esame, sospendendo il giudizio. Alla luce di quanto disposto dall’art. art.3 nn.1 e 2 del regolamento, sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria. Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli Eurogiudici, interpretando detto articolo, hanno affermato che quando un debitore è una società controllata la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la sua società madre, la presunzione contenuta nell’art. 3, n. 1, secondo la quale il centro degli interessi principali di detta controllata è collocato nello Stato membro in cui si trova la sua sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria. Ciò potrebbe, in particolare, valere per una società che non svolgesse alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui è collocata la sua sede sociale. Per contro, quando una società svolge la propria attività sul territorio dello Stato membro in cui ha sede (ed è il caso della Eurofood) il fatto che le sue scelte gestionali siano o possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro (nel nostro caso Parmalat Spa) non è sufficiente per superare la presunzione stabilita dal regolamento. E quindi, con questa pronuncia, i Giudici hanno confermato la legittimità dell’operato della High Court Irlandese.

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